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Secondo la leggenda,
un giorno dell'estate 1291 un arciere svizzero, Guglielmo Tell, si rifiutò di
prestare omaggio a un cappello appeso in cima a un palo come simbolo del potere
degli Asburgo e venne condannato dal balivo di Uri a dar prova della sua
abilità di balestriere, colpendo una mela posta sulla testa del proprio figlio.
La prova non ebbe luogo, ma alla fine una freccia di Guglielmo uccise il
balivo: ciò avrebbe dato avvio alla sollevazione dei cantoni di Uri, Schwyz e
Unterwalden, che il 1° agosto (festa nazionale svizzera) si unirono in una lega
perpetua, nucleo della futura Confederazione Elvetica, per rendersi
indipendenti dalla dominazione asburgica. Nel novembre 1315 i tre cantoni
vinsero Leopoldo I d'Asburgo, duca d'Austria, che era il loro signore feudale.
L'esercito austriaco, circa 15.000 uomini fra cavalieri e fanti, si era
avventurato per reprimere il movimento autonomistico sull'altura di Morgarten e
cadde in un'imboscata: circa 1.500 montanari svizzeri, dopo aver fatto rotolare
massi e tronchi sull'angusta via di transito, attaccarono la cavalleria nemica
che, non potendo manovrare, arretrò travolgendo la propria fanteria con perdite
ingenti (si parla di 1.500 uomini) contro i soli 14 uomini persi dagli
Svizzeri. Questa battaglia segnò l'inizio dell'indipendenza svizzera e della
grande tradizione militare della sua fanteria, confermata dalle battaglie di
Sempach (386) e di Nafels (388), e nel secolo seguente dalle vittorie di
Granson e Morat (476) contro Carlo il Temerario: la fanteria svizzera diventava
un modello da imitare, e Machiavelli commentava: “Stettono Roma e Sparta molti secoli armate e libere. E Svizzeri sono
armatissimi e liberissimi”. Essi non solo combattevano per la
Confederazione, che progressivamente accolse nuovi cantoni, ma servivano come
mercenari negli eserciti delle monarchie feudali che si andavano trasformando
in Stati assoluti. |
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